Sapete, quando persi le gambe nella battaglia di Armageddon, non fu durante un’azione particolarmente gloriosa. La mia squadra stava cercando una via di fuga tra i corpi dei caduti, il fumo mandava messaggi al cielo, come in ogni battaglia il sogno e la veglia affluivano l’uno nell’altra, ma invece di ingrossarsi in fiume si restringevano in rigagnoli taglienti come raggi di luce. Lo so, l’ho raccontato mille volte, scusatemi. Il fatto è che, sebbene tutti sapessero con assoluta certezza l’esito della lotta, pure si lottò furiosamente e confusamente. Soprattutto, nessuno immaginava secondo me che, dopo, il mondo sarebbe durato ancora così tanto. Ma cosa stiamo aspettando? Facciamoci un goccio. Solo noi possiamo avere la fresca tristezza del barbaro e la fine malinconia del cittadino in un colpo solo.
martedì 2 febbraio 2010
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