Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



mercoledì 3 febbraio 2010

Non l'ultimo, ma l'ultimissimo



Il messaggio dell’imperatore è arrivato stanotte. Anche ieri sera, come sempre, mi sono affacciato alla finestra per sognarlo. E stanotte è arrivato. Che strano! Non si può certo dire che non ci pensassi più: anzi, ci ho pensato ogni sera, come dicevo, e il pensiero del sogno imbeve tutti i pori della mia vita, tutte le vie del mio mondo. Ma non pensavo più, lo ammetto, all’eventualità che arrivasse, che entrasse in casa mia, che io potessi leggerlo. Già, ora posso, devo leggerlo. Rompo il sigillo: è così facile! Che c’è scritto? “Ti prego, amico, vieni al mio funerale”. Com’è possibile? L’imperatore è morto molti secoli fa: il messaggero ha fatto il suo viaggio coprendosi di una lieve cenere di vecchiaia, neanche ignobile del resto – è un messaggero. Ma qui mi chiama amico! E mi prega, subito, nell’incipit! Al solo pensiero, finisce sullo sfondo il pensiero, l’aporia del funerale. La scrittura è bella, non aulica. Sembra il bel cinese antico, vivo, guizzante nelle gole, prima che si affermasse il dignitoso mandarino dei funzionari. E gli ideogrammi sono di esecuzione fine e svelta, il pennello ha accarezzato la carta, sicuramente voleva che la carezza si trasferisse al lettore. Non si direbbe la grafia di un moribondo: deve averlo scritto quando gli restava ancora qualcosa del suo lucente vigore. Pure, io non posso farlo felice – ora parlo come se fosse vivo –, non posso obbedire alla preghiera che, senza sapere, ho atteso per un millennio o quasi. Se anche avesse un senso obbedire, io non sono un messaggero, il tempo m’ha ricoperto non di cenere, ma di una lebbra molteplice e scrupolosa, di una stanchezza più naturale che morbosa, e non potrei scrollarmi di dosso né l’una né l’altra, come un giovane che, dopo i preparativi delle nozze, si spogli della fatica e dell’inquietudine con due sole dita di una mano. Non mi resta che andare alla finestra e affacciarmi, anche stasera, e sognare il messaggio già arrivato, l’incredibile e vana testimonianza dell’amicizia del mio imperatore.

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