Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



sabato 6 febbraio 2010

Edipo a se stesso nell'esodo da Tebe


A Elena Bono Διονυσοδότηι,
con gratitudine e devota amicizia.

Der König Oedipus hat ein Auge zuviel vieleicht.
FRIEDRICH HÖLDERLIN


Conoscere se stessi
è patire gli dèi.
Il demone che salta
sul tuo collo e lo adunghia
il fardello di stridori
che ti consegnò la Pizia
l’occhio che tendeva l’agguato
al tuo naufrago ventre:
come tutto, tutto il peso
di un concepimento immaginario
che solo vento genera
per nodo dopo nodo
ricominciare a nausearti
come i brancicamenti nella tenebra
l’intimità violenta
con la tua attorta radice
lo sciogliersi della presa in barlumi
prima d’un’altra presa
le voci spezzate
che non ti sembrarono il tuo nome
come le ripetizioni
ottuse e furibonde
le svolte sempre uguali ed impossibili
il deserto di segni rigoglioso
come tutto si fa strada ad aprire
qualcosa nella notte
e nel giorno – un lume
nella notte una cecità
nel giorno – un orrore
geloso e devoto, una
tenerezza che da lontano
già ti accoglieva, una piaga
di tempo lì dove è chiuso
e soffocato lo spazio.

Hai pagato
tutto, ed ora
si comincia – ora che tutto
è finito, oscenamente. Hai
guadagnato qualcosa
nell’ombra soffocata a mezzogiorno
nei lucori d’alga a notte fonda
ti sei pagato uno sguardo sepolto
di sfinge mutilata, un folgorante
scarto di serpe nei tuoi passi ciechi,
nei tuoi passi malcerti, un’aurora
di lampeggiamenti dolorosi, di sterminati
ed esatti lamenti.
Hai conosciuto te stesso
in questa qui, cui non sai dare un nome,
eppure la chiami, se puoi, dolcemente,
l’ombra fedele che va ereditando
e guadagnando il tuo stigma, l’ignoranza,
la cecità del nome: il difficile amore
di sperdutezza. Sei stato conosciuto,
vecchio osceno. Eccoti – hai ricevuto
l’immeritata, la tua. Liberamente
hai al tuo fianco Antigone, alla fine.

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