Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 8 febbraio 2010

Pensieri di un cantore di Isfahan


a Mariella


Ieri al-Mo‘tasim il marocchino ha detto ai suoi amici
reclinati sotto il portico come fra due cacce i gatti
che qualcosa di bello dura nel perdersi di tutto
perché la bellezza è un attributo di Allāh, sta scritto,
ed uno dei Suoi Nomi è il Bello, e Amante del Bello.
Ma a me, che gli ero da presso e m’accordavo il liuto,
aguzza l’attenzione eppure smarrito
come uno stelo quando il tramonto si stempra,
ciò non bastava, forse perché avevo velato
già da tempo il cuore nel ricordo di te:
di te che, pur essendo qualcosa di bello
con precisione che umilia il senso del mio liuto,
hai sortito dal cielo un compito notturno,
di volgere le cose alla loro tempestosa frontiera
come le banderuole della periferia, e in ciò tu mostri
piuttosto l’altro attributo divino, il Rigore.
E allora ho sentito dove andava a parare
l’astuto marocchino coi suoi gattacci indolenti:
qualcosa di bello è prezioso come il respiro e i ciottoli,
prega dietro il velo del mio cuore e del tuo
in accordo col muezzin e la meditazione delle rane,
col ventre saggio dello scorpione, con l’occhio della leonessa,
con il bambino pigro e il suo compagno furioso.
Qualcosa di bello – questo al-Mo‘tasim non l’ha detto,
il tuo ricordo ha ingravidato di sé, nel buio, la lacuna –
ciò che è bello e prezioso non può mai dimorare
nella cosa preziosa che sollevi al tuo cospetto,
e dura veramente nel perdersi di tutto, si perde
con tutto volentieri e non è quindi perduto:
la cosa bella che abbiamo ascoltato
reclinati sotto il portico, è la bella notizia
della bellezza che non ha da perdere
nulla, nemmeno il sentore e la frontiera del nulla
frastornata dal vento, nemmeno la distanza fra me e te
che il velo del cuore, logorato, custodiva.

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