Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 23 febbraio 2010

Fiabe per l'occhio strabico dell'anima



I racconti dei casi curati dal grande neurologo Oliver Sacks sono, grazie alla sua visione compassionevole, meticolosa e accogliente, delle fiabe in cui al posto dell’incantesimo, dell’orco, del castello e della zucca fatata incontro l’encefalite letargica, la sindrome di Tourette, l’autismo, l’acromatopsia e la perdita della propriocezione. Penso, tra le altre, alla legatura arcana, finissima, delicata e terribile che irretisce l’autistico: come Temple Grandin, la brusca e devota zootecnica la cui missione sin dall’infanzia è lenire le sofferenze degli animali nei mattatoi con macchinari ingegnosi. Temple sostiene l’intima parentela della mente autistica con quella animale: incapace di generalizzare, puntuale, humeana, ma anche nudamente poetica, tutta volta all’ostensione, all’obbediente misura. Perfetta la sua immagine di spaesamento radicale: “Molto spesso mi sento come un antropologo su Marte”. In altri tempi si sarebbe detto: è un’idiota, e sarebbe stato un riconoscimento spiritualmente decisivo; perché l’idiota è Cristo, e Cristo è l’icona del Padre. Ma per l’anima è forse più importante lo sguardo fenomenologico, limpidamente fantastico, che vede e nomina (superando con l’attenzione soccorrevole e la scepsi cordiale le disumane classificazioni cliniche) le sfumature, i rilievi, i cedimenti, la sensuosa e tenera e sacra molteplicità del paesaggio della malattia; o per meglio dire, questa è una preziosa opportunità, una vocazione altissima del nostro tempo di miseria ed evacuazione: congiungere spirito ed anima, l’occhio semplice del medievale che scorgeva infallibilmente il Messia nell’emarginato e l’occhio strabico di un neurologo che conserva l’antica sapienza umana, l’antica sapidità creaturale negli abissi del cuore.

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