Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 1 febbraio 2010

Tre dialoghi: Dialogo di Giacobbe con lo Sconosciuto/1



- Aggressore, a che punto è la notte? Ladro, vampiro, spia, pazzo, ubriaco, a che punto è la notte?
- È venuto il mattino, non te ne sei accorto? E ora è di nuovo notte.
- Ma al mattino non dovevi tornartene nel tuo regno oscuro e, se possibile, benedirmi? Non diceva così la storia? Non funziona così?
- Già, amico, ma dovevi alzare gli occhi dalla mia sagoma e guardare la diversa nerezza del cielo, l’annuncio incredibile e consueto dell’aurora. Se per te era ancora notte, lo era anche per me. Io sono venuto a cercarti!
- Questa sì che è una minaccia! "Ti aspetto al guado!" "Ti aspetto fuori!" Noi nomadi siamo abituati a consimili manifestazioni di valentia – sbruffona, rituale, stentorea, ridente, tranquilla, atroce, annoiata! Ma tu cosa mi porti di nuovo? Vuoi la mia tenda, i miei cammelli, le mie pentole, le mie donne? Dillo, su!
- Che vuoi che me ne faccia, delle tue quattro cose!
- Quattro cose? Hai ragione, chi non possiede una lingua di terra sa bene, in fondo in fondo, di non essere nemmeno il proprietario della carovana con cui riga la terra disegnando strade! È proprio questo a renderci gelosi e feroci, razziatori nati. Per caso ti interessa la mia vita? Sei un tagliagole notturno – la pelle per la pelle?
- Sì, è la tua vita che mi interessa! Ma non tanto il respiro che tiene assieme provvisoriamente la tua unica casa, di ossa e nervi, carne e sangue – pensi che mi dia gusto sentirti spegnere e poi andarmene all’altra riva dello Yabboq? Io voglio proprio te, voglio il respiro del tuo respiro, la vita della tua vita!
- Sarai mica uno di quegli stregoni di cui mi parlava un anziano, che si fanno una missione del rubare l’anima al prossimo e tenersela legata in perpetuo? Dovevo sospettarlo, non c’erano altre spiegazioni al tuo assalto improvviso e disarmato! Mi fai venire i brividi, ma continuo a stringerti il torso: uno stregone è un uomo, e conosco qualche controincantesimo che potrebbe sorprenderti. Le nostre donne si intendono di queste cose.
- Ma che rubarti l’anima e tenermela legata! Quanto pensi che durerebbe? Io ti voglio tutto e per sempre.
- Come, per sempre? Per sempre quanto? Per tutti tutti gli anni futuri, più numerosi dei granelli di sabbia del deserto?.
- No, né per tutto il passato, né per tutto il futuro. Per sempre adesso, in eterno.
- Vuoi dire al di là di questo guado, al di là di questo deserto, al di là di questa notte, al di là di questo sciacallo, al di là di queste mani, al di là di queste ferite, al di là di questa voce che si disperde?
- Voglio dire al di là di queste cose, e in tutte queste cose. Ti voglio in questo guado, in queste mani, in questo fiato, in questa morsa, adesso.
- Ho capito. Mi vuoi annientare, come nessun nemico, di nessuna tribù, di nessuna oasi, di nessuna città ha mai preteso di fare. Sei un conquistatore assoluto, come gli imperi che si stendono, che credono di stendersi oltre il deserto e l’orizzonte. Sei un imperatore, un distruttore che vuol farsi adorare come il centro dell’universo. Anzi, sei uno di quei maestosi rapaci che vogliono veramente, sinceramente assimilare le loro prede, farsi come loro, accasarsi in loro, vestirsi della loro intimità, confondersi con le loro radici, col loro limo, col segreto del loro ventre e dei loro lombi. Ho capito. Noi nomadi capiamo gli imperi.
- Non hai capito. Io non voglio distruggerti e non voglio assimilarmi a te. Non voglio farmi come te e non voglio entrarti nelle ossa, non voglio farmi una tenda della tua pelle, non voglio sorridere nel tuo sorriso. Non voglio farmi come te, voglio farmi te. Mi sono fatto te. Sorrido il tuo sorriso lasciandotelo sorridere. Vinco la tua lotta facendomi piegare. Ti benedico inginocchiandomi a te. Sono sconfitto della tua sconfitta, sono te e non mi sostituisco a te. La mia potenza ti avvolge prima del tuo primo grumo, come l’aria che respiri, che non respiri, che disprezzi, che apprezzi solo quando, vento, ti frusta la faccia.
- Allora, non posso fare altro che arrendermi? Sto lottando contro il mio principio e la mia fine, com’è possibile? Come ho potuto anche solo iniziare a lottare? Se mi lasci essere e lottare, in che modo esattamente ora mi vuoi? C’è qualcosa di diverso, stanotte? C’è un punto segreto della mia ignoranza che rende questa notte diversa da tutte le altre? C’è nella mia oscurità un tratto, un gesto, un’espressione oscura che deve affacciarsi all’oscurità di questa notte e vederla in modo speciale?

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