Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



lunedì 1 febbraio 2010

Tre dialoghi: Dialogo di un funzionario e di un amante della verità/3


- Ma sei un relativista, un sofista? Pensi che tutte le religioni e le culture siano equidistanti dalla verità?
- Non so, mi sembra una domanda mal posta. Non credo ci sia una verità già formulata, depositata da qualche parte al di fuori del mondo, e che qualcuno abbia la possibilità di misurare i gradi di distanza tra le varie espressioni culturali e spirituali umane e questo ‘metro campione’ chiuso nella sua teca d’infinito.
- D’accordo. Pensi che tutte le religioni siano vere? Che tutte insieme compongano il vero? Che il vero trascenda ogni singola religione e tutte le religioni reali e possibili insieme?
- Scusami, compagno funzionario, ma anche queste domande mi sembrano inesatte, anzi, affatturanti, stregonesche.
- Forse ti conviene provare a rispondere, compagno.
- Va bene, va bene. Non rispondo né sì, né no ad alcuna di esse.
- Le eludi. Chi non sta né da una parte, né dall’altra, sta sempre dalla parte sbagliata.
- Hai ragione. Senti, già conosco il mio destino. Il treno mi aspetta, il mio nome è da tempo sulle tue carte, perché dobbiamo continuare questo gioco insulso? Ti va di provare a parlare come se fossi un uomo morto, come se avessi già confessato con tutta la chiarezza desiderabile?
- Perché no? La notte è lunga e l’argomento mi ha sempre affascinato.
- Penso che ogni religione sia totalmente vera. Ma non penso che sia indifferente professare l’una piuttosto che l’altra. L’uomo rischia ad ogni suo passo: perché dovrebbe cercare magiche garanzie quando si accosta al divino? Non c’è mai stata una comunità a cui Dio non si sia rivelato: già questa è un’affermazione contaminata d’irrealtà, ma andare oltre è pura insensatezza. Hai letto il Liber XXIV philosophorum?
- Sì, certo. In esso sta scritto: “Dio è un cerchio il cui centro è ovunque e la circonferenza da nessuna parte”.
- Per l’appunto. La formulazione non mi sembra impeccabile, ma se si vuole essere... rotondi, bisogna sacrificare qualcosa. Ogni cultura è il centro, come ogni uomo. Saperlo in modo sbagliato è il peggiore dei peccati, quello di Satana: ma accettarlo senza ansia di debolezza, come una pianta, è schietta giustizia.
- Ma noi non siamo piante.
- Proprio così! È questo il punto. Ma accettare anche questo è parte di quella stessa giustizia. Vedi, quando un uomo sente dire che ogni cultura è il centro, tende a diventare sofista: ma perché? “Se il centro è dappertutto, a che pro mettersi in viaggio?”, mi disse una volta il segretario del partito, accendendosi un sigaro: gli occhi gli brillavano di arguzia.
- Bella stoccata! E tu come gli hai risposto?
- Gli ho detto: “Così ragionerebbe un dio, compagno segretario, e un dio anche un po’ presuntuoso”.
- E non ti ha mandato subito qui da me, dopo una simile insolenza?
- Aspetta, fammi finire. Poi ho aggiunto: “Ma noi, grazie a Dio, non siamo dei. E neanche Dio è un dio! Il centro è dappertutto, sì, ma la circonferenza da nessuna parte: che altro dovrebbe spingerci al viaggio?”.
- Mah! Prima parlavi di fatture, di stregoneria. Non mi pare che i tuoi trucchi verbali meritino altro nome. La domanda, riformulata in modo meno aderente ai protocolli, era questa: posto che nelle religioni ci sia della verità, in base a quale criterio sceglierne una piuttosto che un’altra?
- E qui ti volevo, amico mio! Scusa se non ti chiamo ‘compagno funzionario’.
- Lascia perdere. Continua.
- Noi non siamo mai nella posizione di scegliere qualcosa di importante, di reale. Non possiamo farlo con la nostra donna, e come potremmo pretenderlo con la nostra religione?
- Vuoi dire che siamo già scelti dalla religione che crediamo di scegliere?
- No. Questo varrebbe semmai per la cultura in cui siamo nati. Ma la religione non è solo questo. La religione, nella misura in cui ha senso distinguerla dalla cultura, e io credo che stia proprio in questa distinzione il suo senso, fiorisce dalla debolezza, dalla morte di una cultura: ma attento, non da una debolezza, da una morte letterali! Ogni religioso è un re: e un re è sì servo del suo regno, della sua gente, della sua cultura, ma la sua corona è segno di libertà – un segno strano, lepido, feroce, che stringe in un solo fascio la vistosità dell’emarginato e la preziosa inutilità della gloria.
- Insomma, fai concidere il religioso col mistico.
- Se il mistico non è un pazzo, dev’essere la pura e semplice norma. Non vedo una terza possibilità, per un uomo che è in operosa vacanza dalle lucenti trappole dello stato.
- A proposito di stato, hai detto che sai cosa ti aspetta. Non volermene.
- Perché dovrei? Vedi, non sto testimoniando nulla, non sto insegnando nulla. La mia impotenza è il pegno della mia pace, se la macchina in cui tu sei incastrato mi porge la morte e la verità in un colpo solo. Come potrei calunniare questa possibilità?

Nessun commento:

Posta un commento