Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



venerdì 12 marzo 2010

Democrito e la conoscenza


Secondo Democrito, le qualità secondarie esistono nomōi (“per convenzione-stipulazione umana”), mentre ciò che esiste eteēi (“realmente, autenticamente”) sono àtoma kai kenòn, gli atomi o indivisibili e il vuoto. Le qualità secondarie sono il modo in cui percepiamo le qualità primarie inerenti agli atoma. Ora, nomos indica sì la stipulazione umana, ma è assurdo ritenere che questa ‘posizione’ della struttura soggettiva umana sia tagliata fuori dall’“autenticità” o primarietà degli atomi e del loro reciproco disporsi nel vuoto. La conoscenza dell’uomo ha una modalità ‘tolemaica’ (Portmann), uno spessore di relatività prodotto dalle relazioni culturali, è centrata sulla sensibilità integrata in un’esperienza totale e dinamica, culturale, un nomos appunto. L’apertura ‘copernicana’ della ragione ai rapporti geometrico-matematici degli indivisibili non è mai definitiva, ultimativa, si opera sempre su una frontiera mobile. In fondo gli atoma (neutro) sono atomoi (maschile, così in Ecfanto il pitagorico), sono gli dèi, o meglio (forse il neutro allude a questo) sono il ‘punto di intersezione’ (vedi Hinton-Uspenskij) fra le dimensioni altre e la dimensione specificamente umana; e il ‘vuoto’, in quanto vuoto-di-qualità, vuoto di determinazioni, è la materia prima proprio come apertura indifferenziata, pura, spazio del gioco atomico-divino e dell’esperienza senziente-conoscitiva che però non deve coincidere con una spazialità astratta, euclidea, anche se indubbiamente il suo esser-vuota la rende affine all’astrazione. Questo ‘luogo’ indeterminato, apeiron, femminile, è la proiezione capovolta, all’‘esterno’ del Pleroma-Uno originario, della sua vivente curvatura unimolteplice, embrionale-seminale, paragonata all’uovo in moltissime tradizioni; mentre gli atomi sono la moltiplicazione, reale e illusoria insieme, del contenuto seminale dell’uovo, della sua ricchezza formale, che si articola e scandisce ‘all’esterno’ in rapporti geometrico-matematici, in schemi morfologici tramati dalla necessità e dalla contingenza. La verità democritea è, paradossalmente rispetto all’auroralità presocratica soprattutto parmenidea, en bythōi ,“in profondità, nel nascondimento profondo”, non-offerta, nascosta ai sensi e all’intelletto umano, che può accostarsi ad essa soltanto per via di ragionamento filosofico, attraverso rotture (mai definitive) del recinto tolemaico del nomos. Che queste rotture non possano essere definitive si comprende indirettamente, meditando sul carattere di nomos comunque irriducibile in ogni accostamento filosofico, in ogni ricerca razionale. Gli indivisibili sono centri di irradiazione di immagini, eidola, sono limiti reali da cui e a cui si scagliona l’indefinito flusso e riflusso dell’astrazione, generato dal ventre ambiguo del vuoto.

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