Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



martedì 23 marzo 2010

Timore e amore


Ho fiducia in quest’uomo – perché? Certo ho delle ragioni per farlo: ma le ragioni non arrivano a quest’uomo, non lo comprendono, non lo afferrano – altrimenti non potrei nemmeno avere fiducia in lui, nelle sue parole, nei suoi gesti, nel suo corpo: sarei il suo dio, il suo creatore, non avrebbe senso una relazione con lui, un gioco di vita e di morte con lui. La mia incertezza su di lui non è disgiunta dalla mia certezza: ma di cosa, di chi sono certo? Non può che essere una certezza inanalizzabile, irriducibile a una formula, a un sillogismo, ma anche a una visione, a un’intuizione – non è la chiarezza superiore di uno sguardo totale, sintetico; è, come dire, la certezza di uno sguardo fallibile, che ha visto qualcosa, toccato qualcosa, e investe su quel qualcosa, senza scommettere a freddo, ma riconoscendo, caldamente, fragilmente, una comunione di ignoranze, una comunità. La comunità e la religione sarebbero fondate sulla paura e l’ignoranza, dicono gli illuministi di ogni epoca: non è del tutto falso. È la paura-timore che si stupisce, che trema per il tutto voluto, creato, sospeso, e l’ignoranza che, facendo spazio alla creazione, si mette dalla sua parte, crea insieme, lascia e vuole che si crei, che l’essere ci sia. La mia fiducia paurosa e ignorante è la pietra – dura e nascosta – su cui può fondarsi la comunità.

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