Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



giovedì 11 marzo 2010

Honni soit qui mal y pense


Persino Vico, che pure ha saputo penetrare genialmente il nous poetico, l’intelligentia cordis arcaica, cade nel tranello di vedere nei miti greci, come un illuminista di qualsiasi tempo (filosofo pagano o apologeta cristiano), proiezioni legittimanti delle passioni più vili. Questa distorsione della prospettiva procede sicuramente dalla reale e profeticamente necessaria incompatibilità tra la rivelazione abramica e le rivelazioni “gentilesche”. Ma i miti greci, come quelli indiani e “politeisti” in genere, esprimono la ricchezza simbolica del mondo: la vasta enciclopedia di devianze e crimini che il patrimonio di quelle storie ci offre allude al chorismòs, allo scarto tra il fragile e nobile temenos umano e l’abissale, aperta vividezza dell’aion divino. Come dice Wendy Doniger, mentre per Freud i sogni rinviano alle profondità della vita sessuale, per la sapienza vedica e postvedica i sogni erotici alludono – come il Cantico dei Cantici – alle profondità della vita divina.

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