Salvo ove altrimenti indicato, questo blog contiene testi originali di Adriano Ercolani e Daniele Capuano



giovedì 18 marzo 2010

Frammento di una lettera su Pasolini


Ti ho scritto che i profeti “sbagliano infallibilmente”, me ne chiedi la ragione. Non la conosco, ma vedo che è così. Provo ad avanzare una congettura. Il profeta è legato – molto più radicalmente, visceralmente e consapevolmente del sapiente – ad una comunità particolare, con cui si identifica; e vede quella comunità, la sua comunità, come “giudicata”, cioè stretta dal nodo di una necessità misteriosa, una necessità con cui il profeta lotta per costringerla a parlare, a sciogliersi in parola. È così che attinge l’universalità della sua missione e del suo messaggio: il nodo che strangola la comunità – e anzi il profeta, perché in genere la comunità, il noi della comunità, si sente il collo libero, liberissimo, mangia beve e fornica con la pazza levità di sempre – si scioglie in una parola di luce, di misericordia, che ha validità eterna, di presente eterno, di redenzione. Ma il vincolo di destino col particolare è ciò che fa, insieme, la verità e l’errore della profezia: è la ri-velazione nel senso ambivalente di cui abbiamo parlato diverse volte. Ci sono mille esempi di come lo sguardo del profeta si recluda nella prospettiva, nei limiti della sua comunità e del suo tempo. Leggi la Bibbia: chi sono quegli “egiziani”, quei “filistei”, quei “caldei”, quelle “genti”, quegli “empi”? Se prendi i Salmi, non si può negare che abbiano una vocazione, a volte diretta a volte ironica, all’universalità: con essi hanno pregato i rabbini di Yavne, Gesù, Evagrio, i cabbalisti, gli anacoreti, i cenobiti, i quietisti, i crociati, i ciabattini... Eppure, come sono inchiodati a un hic et nunc per noi irrecuperabile! Un hic et nunc che, prima di alludere anagogicamente al nunc stans dell’eterno, è stato contingenza storica a volte aspra e rognosa. E se penso ai Padri della Chiesa – chi sono quei “pagani”? Di chi stanno parlando? Agostino nel De civitate Dei dice che le virtù dei pagani sono splendida vitia: cosa c’è di più ingiusto? Anche se, colta nella luce apocalittica dell’evento-Gesù, quella affermazione è spiritualmente decisiva, trasformante, rivoluzionaria, mobilita l’anima di chi la ascolta. Potremmo continuare per ore.

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